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rappresentano la vera emergenza, la scuola deve essere
pronta ad accoglierli e a favorirne l’inserimento nelle
classi. Questi ragazzi cinesi non hanno solo il problema
linguistico, ma anche di ambientazione, si pensi al fatto
che vengono sradicati dal loro contesto di vita, di
amicizie, di scuola, di cultura, per ritrovarsi in un “altro
mondo”, in una scuola che è totalmente diversa da quella
cinese. Spesso sperimentano anche situazioni abitative
di sopravvivenza, in magazzini insieme ad altre famiglie o
agli operai, con servizi igienici inadeguati o carenti.
Subiscono un vero e proprio trauma psicologico dovuto al
distacco dagli affetti, i nonni amati lasciati in Cina che gli
hanno cresciuti, per vivere con genitori che a malapena
conoscono, perché vissuti all’estero, e che vedono con
un certo distacco e un sottile rancore, per essere stati
“abbandonati” prima, e dopo per il “forzato”
ricongiungimento. Lo studio della lingua italiana L2 è per
loro un ostacolo molto difficile da superare, è vero che le
scuole sono ormai attrezzate con appositi laboratori
linguistici di italiano L2, con la presenza di facilitatori
linguistici e mediatori culturali, ma l’apprendimento di una
lingua così diversa dalla loro richiede anni, addirittura
anche 4 o 5 anni per arrivare all’apprendimento della
lingua per lo studio delle discipline scolastiche. Purtroppo
nella maggior parte dei casi si assiste al fenomeno della
dispersione. Altro dato molto importante è che il maggior
numero di studenti cinesi che arrivano al diploma di
scuola superiore è costituito dalle ragazze,
probabilmente perché la pressione familiare e sociale nei
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